Sogni e ricordi per la seconda giornata di Creactivitas nel centro di Napoli e nei luoghi del Festival

Operappartamento: performance

La seconda giornata di Creactivitas a Altofest è cominciata con la tradizione e la storia del teatro napoletano.  Siamo andati nella Basilica di S. Giovanni Maggiore, in uno dei centri universitari della città, fra i luoghi più frequentati, per vedere la mostra su Eduardo De Filippo, scomparso trent’anni fa. Camminando lungo il percorso fatto di fotografie, bauli e vecchi oggetti di scena non si può fare a meno di emozionarsi e di sentirsi più vicini al grande drammaturgo e maestro di teatro. Si va così dagli occhiali di scena di Natale in casa Cupiello al baule di Sik Sik, passando per le foto di famiglia e tante altri ricordi che non sono soltanto quelli di un grande artista, ma in un certo senso sono anche i nostri. Dai vicoli nelle vicinanze della storica via Mezzocannone, famosa perché brulicante di studenti universitari e “edifici del sapere”, il nostro viaggio prosegue nuovamente verso il rione Sanità, che non possiamo non associare a un altro grande artista, Totò, che nella confusione di queste strade vi nacque. E così siamo salite sempre di più, fino ad arrivare in una cava di tufo dove avrebbe avuto luogo uno degli eventi più mistici di Altofest. Una performance di Edan Gorlicki coreografo dello spettacolo Body Language. Uno studio sul movimento del corpo, “un lavoro che si concentra sull’intimità che alberga nei corpi, sulla psicologia e sulle emozioni”. La location è molto suggestiva, un’autorimessa all’interno di una cava di tufo. Dal fondo della caverna, in maniera impercettibile, si odono voci; tra la gente si muove lentamente una mano, quella dell’interprete. Gli altoparlanti farfugliano parole incomprensibili, ma la mano prosegue nel suo movimento continuo e nervoso. Tutto il corpo si immerge in oscillazioni costanti e pazienti, infiniti movimenti ne compongono uno solo. La performance termina dopo una quarantina di minuti, ma il corpo sembra non volersi fermare più, si spegne soltanto quando cala il buio e cessa la musica. Non si può fare a meno di pensare alle origini dell’uomo.

Immerse nel tuor del quartiere Sanità, insieme ad altri partecipanti, ci siamo spostate in direzione di Palazzo San Felice per assistere a I hate this job a cura di Opera Retablo. Le due artiste sono già posizionate sul balcone del palazzo e sembrano aspettarci. Restiamo per po’ ad osservarle dal basso prima di muovere verso il palazzo. La scena ha luogo sul pianerottolo del secondo piano dell’edificio; ci chiedono di occupare il quadrato interno allo scalone. Le due simpatiche interpreti, riccamente truccate in viso, puntano molto sull’estetica e su un gioco di apparizioni e sparizioni. In diverse lingue ci chiedono di non fare fotografie (anche se siamo riuscite a rubare qualche scatto) e ci informano che la performance durerà trenta minuti. Dalla sinistra scende maestosa una regina ermafrodite, non si capisce bene se sia eccitamento o turbamento il suo, nell’atto di sfiorare le parti intime cucite in grembo. “Una creazione multidisciplinare liberamente ispirata al manifesto di Marina Abramovic; una riflessione sull’essenza dell’essere artista e principalmente individuo”.

La giornata si è conclusa con l’esperienza surreale offerta da una compagnia di respiro internazionale Progetto Brockenhaus per lo spettacolo 3soldi_Labirinto. Descrivere questa complessa esibizione, o anche soltanto parlarne, sembra togliere qualcosa all’evento vissuto. L’Operappartamento scelta dall’Osservatorio critico di Alto Fest 2014 è davvero meritevole. Il progetto dell’Operappartamento prevede ogni anno la scelta di un appartamento, fra quelli proposti dai donatori di spazio. Lo spettacolo è ispirato a L’opera da tre soldi di Bertold Brecht e concepito per una casa labirinto. Vogliamo svelarvi poco e lasciarvi la possibilità di sperimentare e vievere tutto questo.

Antonella Babbone
Sara Formisano