Museo di Roma in Trastevere, 19 gennaio – 25 marzo 2012: Evgen Bavčar, nella sua mostra Il buio è uno spazio, attraverso i suoi ricordi e la sua profonda sensibilità, ci racconta il suo punto di vista; una realtà interiore letta e raccontata attraverso luci e ombre.

“Io non sono che un artista che cerca di vedere ovunque delle immagini, anche se queste gli sono proibite”.

Questa frase racchiude l’essenza della forza visiva di questo artista. Cieco dall’età di 12 anni, in seguito a due incidenti, Evgen Bavčar, sloveno naturalizzato francese, è uno dei più grandi fotografi d’Europa, nonché un grande filosofo contemporaneo. Ci ritroviamo davanti a queste superlative immagini, di una trasparenza velata e carica di vita, ricche di luce in contrasto con toni scuri e profondi; ed ecco che arriva rapida ed impulsiva la domanda che tutti si sono posti: “ma come fa, Evgen Bavčar, a fotografare?”. Il fotografo, nei suoi racconti, ci tiene particolarmente a precisare che la risposta a questa domanda non serve alla comprensione della sua arte e del suo linguaggio; bisogna chiedergli, piuttosto, perché fotografa. E, attraverso le sue foto, risponde a questa domanda.

Nel percorso della mostra incontriamo immagini delle più importanti serie dell’artista: Carezza di luce, L’infanzia, Vista tattile, Paesaggio Sloveno, Nel fluire del tempo, Sguardo ravvicinato e La nascita della scrittura.

“Io non tocco gli oggetti ma li guardo da vicino. Offro alla vostra vista la trascendenza delle immagini che esprimono lo sguardo spirituale del mio terzo occhio”.

L’artista rappresenta, nelle foto, la sua realtà interiore. Avendo vissuto una vita normale fino ai 12 anni d’età, sfruttando, quindi, normalmente tutti  i cinque sensi, ha in il ricordo della realtà; così, oggi, sfrutta i suoi quattro sensi al servizio di quel quinto senso che ha sostituito con l’occhio cristallino della sua macchina fotografica, ovvero il suo terzo occhio. Il ricordo, la memoria della realtà: ecco cosa Evgen Bavčar mostra attraverso le sue fotografie. La realtà viene raccontata mediante la sua realtà. La realtà interiore di un artista che vede il ricordo delle cose tramite odori, suoni, consistenza, sapore; così, nella sua mente, chiare e nitide appaiono le immagini di ciò che sta vedendo. E, grazie alla fotografia, prolungamento di quella vista che gli è stata negata, porta alla luce una realtà che altrimenti, a noi, non sarebbe dovuta di vedere.

Una provocazione: proviamo anche noi, bendandoci gli occhi, a regalare al mondo emozioni forti trasmettendo nelle immagini la nostra realtà interiore; ci riusciremmo, secondo voi?