Riflessioni sulla dimensione dell’industria cinematografica, sui trend evolutivi con un focus sui processi di innovazione e le nuove tecnologie. Esperti del settore si confrontano sui temi della produzione e distribuzione cinematografica.

Analizzare l’industria cinematografica come industria creativa e culturale: questo l’obiettivo del workshop “La fabbrica del cinema: produzioni, eventi e reti” organizzato dal gruppo Creactivitas dell’Università degli Studi di Salerno, tenutosi nel pomeriggio di mercoledì 16 novembre nei luoghi della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere. Lo staff di Creactivitas ha precedentemente elaborato un background paper focalizzandosi sui punti cardine argomentati durante il workshop.
A coordinare l’incontro sono stati Fabio Borghese, docente di Marketing e responsabile di Creactivitas, e Marco Pistoia, docente di Storia e critica del Cinema e Responsabile di Davimedia, rassegna che analizza il mondo della cultura e dello spettacolo italiano attraverso una serie di incontri con prestigiosi personaggi del settore.
Gli ospiti, che hanno illustrato la loro esperienza lavorativa, sono stati Ivan Sanna, Direttore Acquisizioni e Partnership Omigi, Maurizio Gemma, Direttore della Film Commission Campania e Peppe D’Antonio, Direttore artistico di Linea d’ombra- Festival culture giovani.

Ivan Sanna ha spiegato cos’è Omigi e quali sono i suoi obiettivi. Si tratta di un’attività di finanziamento dell’Unione Europea all’interno del programmaMedia, focalizzato sull’industria dell’audiovisivo. Omigi vuol essere un progetto pilota che lascia emergere le aziende indipendenti e non le solite grandi multinazionali. Dall’Inghilterra è stato creato un consorzio eterogeneo che coinvolge quattro paesi focus: Italia, Regno Unito, Repubblica Ceca e Danimarca. Sono stati invitati player come Twofour, che si occupa tra l’altro della distribuzione europea della HBO, The Guardian, altamente innovativo dal punto di vista editoriale e molto forte nel settore dell’advertising avendo una grandissima vastità di targeting, e altri partner non inglesi come un’agenzia di distribuzione italiana. È stato così creato un nuovo sistema distributivo che lega il mondo web al mondo reale, poiché la realtà online da sola non funziona e ha bisogno, quindi, di creare un legame con la realtà definito Social experience (andare al cinema, in una biblioteca o in un centro culturale per usufruire di un contenuto creativo). Omigi non offre solo cinema ma crea dei veri e propri pacchetti tematici che comprendono anche altri contenuti creativi, come cortometraggi, musica o videogiochi, in modo da raggiungere sia i cinefili che una grande fetta di pubblico interessata ad un prodotto di qualità.

Omigi fornisce anche un servizio di distribuzione digitale cercando di risolvere i problemi delle sale che non riescono ad investire per avere schermi digitalizzati: le sale piccole, grazie a questo progetto, possono scaricare il file in alta definizione e proiettarlo al pubblico. Un salto di qualità. È inoltre possibile avere un’interazione con il pubblico grazie al sito ufficiale dell’organizzazione dove le persone possono esprimere i loro pareri e dare suggerimenti. L’elemento interessante del sito è la voce discover che sostituisce la classica search evidenziando il modello artigianale e la scoperta di un elemento di qualità. Un’altra esperienza interessante riportata nel pomeriggio dedicato alla fabbrica del cinema è stata quella di Maurizio Gemma, Direttore della Film Commission Campania e Presidente dell’associazione delle Film Commission italiane. Le Film Commission rappresentano il punto di incontro tra industria cinematografica e territorio vivendo, purtroppo, le problematiche che riguardano la copertura del budget e la ricerca dei finanziamenti per il sostegno della produzione.
Nel dopoguerra il cinema ha cominciato ad essere interessato al territorio e le produzioni cinematografiche hanno contribuito alla ripresa e alla rinascita delle zone distrutte dalla guerra. Il cinema ha cominciato a staccarsi poco a poco dagli Studios, relazionandosi con l’ambiente esterno. Per questo motivo sono nate le Film Commission, che hanno aumentato il valore della produzione affiancandosi, nel caso italiano, alla grande industria di Cinecittà. Sono stati i territori che hanno cominciato a generare attrazione per catturare l’attenzione degli investitori. I benefici di questo cambiamento sono andati a favore soprattutto dei luoghi stessi e delle loro tradizioni: significativi i recenti casi di Benvenuti al Sud di Luca Miniero e Passione di John Turturro che hanno rispettivamente incrementato il settore turistico a Castellabate, nel Cilento, e conferito un’ulteriore valenza di internazionalità alla canzone napoletana.

Maurizio Gemma ha reso partecipe l’uditorio anche della sua esperienza di formazione, piuttosto bizzarra e insolita, ma comunque di grande incentivo per chi oggi è solito non demordere ed è pronto ad inseguire i propri desideri, seppur ad una prima occhiata sembrino impossibili da realizzare.
Last but non least l’intervento di Peppe D’Antonio, Direttore artistico di Linea d’ombra – Festival culture giovani. Egli ha evidenziato l’indissolubile rapporto del mondo del cinema con l’esperienza vissuta in sala, momento dal quale il fruitore di film, lo spettatore non può prescindere. In questa ottica analizza lo streaming come strumento da utilizzare per vedere un film non in prima, quanto in seconda battuta, perché l’esperienza umana che si consuma in sala non può mai mancare.
L’esperienza crea e alimenta sapere fornendo competenze che non possono essere acquisite senza una pratica diretta sul campo, in special modo per le professioni di carattere creativo. Per gli addetti al settore creativo il modello della bottega rinascimentale non è mai tramontato.
Il vissuto va incarnato nella dimensione territoriale, una dimensione che il web e la televisione hanno fortemente perso ma che l’evento non deve mai perdere insieme alla sua dimensione di spettacolarizzazione, di festa e di incontro con la cultura europea e non con quella strettamente locale. Questo è stato il modo in cui è stato ideato e attuato il festival Linea d’ombra, ovvero dandogli un’identità propria, una dimensione che riesce a distinguerlo dagli altri festival ed eventi. È stata scelta, nello specifico, la traccia di Conrad pensando all’idea del passaggio della linea d’ombra, cioè del passaggio dall’adolescenza alla fase matura da un punto di vista creativo.
La sua partecipazione a festival quali quello di Rotterdam, Berlino, Venezia gli ha fatto notare come in Italia manchi lo spirito di progettualità che la penalizza dal punto di vista organizzativo rispetto alle altre realtà internazionali.
Tre sono gli step, sintetizzati nell’espressione “Il ballo a tre passi”, che D’Antonio individua per la creazione di un evento come quello del festival di Linea d’ombra: progettazione, organizzazione e definizione dei luoghi, tre momenti che non devono mai essere messi in atto l’uno separato dall’altro, ma che hanno bisogno di viaggiare sempre insieme.
L’ultima fase del workshop ha visto l’intervento degli studenti, i quali attraverso una citazione tratta dal libro Mainstream di Frédéric Martel hanno stimolato altre riflessioni da parte degli ospiti.

Il responsabile delle relazioni pubbliche della Columbia Pictures a Los Angeles sintetizza in poche battute la visione del prodotto cinematografico negli States, rivolgendosi al ricercatore e giornalista francese Frédéric Martel: «Ovunque nel mondo i nostri prodotti devono essere desiderati e questo desiderio deve essere preparato; farlo è un mestiere. Qui stiamo parlando di un settore industriale e non si può capire Hollywood se non se ne misura interamente la portata. Non facciamo artigianato, voi francesi siete degli artigiani. Voi volete avere successo nel mondo, ma non fate le cose in grande. Siete diffidenti verso gli Studios, verso il denaro, verso il pubblico, temete che possano compromettere la vostra arte. Siete sospettosi verso il successo e dubitate della sincerità del pubblico. Noi invece amiamo il pubblico con passione, lo amiamo così tanto che vogliamo conquistarlo in massa, ovunque si trovi, in tutto il mondo. Questo è il cinema. Conclude poi la sua requisitoria citando una celebre frase dell’imperatore di Hollywood Samuel Goldwyn “Questa industria non è sta chiamata show art, ma show business”».

Dal canto suo, Ivan Sanna ha affermato che il progetto Omigi sta cercando di far dialogare l’economia con la cultura, poiché l’espressione creativa non può esistere senza un forte sostegno economico. E’ fondamentale, quindi, avere una visione molto chiara dell’ecosistema economico e definirsi un ruolo all’interno della filiera di creazione di valore .
L’argomento ha interessato ancor di più Maurizio Gemma che si è focalizzato sul settore del mercato: come da esempio americano, qualsiasi azione nel campo va mirata al mercato, ai grandi numeri. Dal suo punto di vista di direttore di una Film Commission è necessario partire dalla cultura locale per poi trasferirla sui media.
In ultimo, Peppe D’Antonio si è soffermato sulla dimensione dell’artigianato, presente nei processi di cinema più industriali. I lavoratori del settore necessitano di una competenza e di una moralità artigianale per poter connotare l’industria cinematografica di un sapore innovativo e creativo.
Il workshop è risultato complessivamente molto interessante non solo per gli studenti ma anche per i tre ospiti coinvolti che sono venuti a conoscenza delle reciproche esperienze, le hanno reputate significative e, attraverso di esse, hanno lanciato ulteriori spunti per prossime discussioni.
Ciò dimostra come questo settore non sia mai statico, ma parte integrante di un flusso che crea innovazione e sviluppo.

Cristina Italia Ambrosone
Giovanna Ziello
Sara Formisano