Il 6 luglio 2012 ho avuto l’immenso onore di conoscere Paolo Rosa durante la mia esperienza a Creative Clusters II edizione. Il fondatore di Studio Azzurro intervenne all’ottavo e ultimo incontro del nostro percorso di crescita, incontro interamente dedicato allo Storytelling.

1170777_10201335223577047_745211390_n (1)

Assistere al suo intervento ha cambiato la mia percezioni di approccio all’arte e alla dimensione della cultura. L’emozione che Paolo Rosa è riuscito a trasmettere nello spazio ritagliato appositamente per lui al fine di raccontarci il suo lavoro, è stata come una scarica di adrenalina. La cosa che mi colpì di più è il modo con cui Paolo Rosa attraverso Studio Azzurro e con i suoi collaboratori ha operato una rottura degli schemi dell’arte, vale a dire: l’arte è ancora legata all’esperienza individuale, mentre Studio Azzurro distrugge questi schemi e opera come progetto di gruppo. Questa frattura è evidenziata ancora di più se si pensa che l’arte viene vista come una cosa a sé stante, avulsa dalla realtà e che non può fondersi con il reale. Quello che Studio Azzurro fa è provarci l’esatto contrario. Una dimostrazione è data dall’ allestimento di una mostra sul Mediterraneo commissionata dalla storica maison di foulard Hermès e la grande esposizione presso le Officine Grandi Riparazioni di Torino per l’anniversario dei 150 anni di storia dell’Unità d’Italia, intitolata Fare gli italiani. Il miscelare arte e nuove tecnologie, quindi adoperare sempre nuovi linguaggi e mescolarli tra di loro, mira per l’appunto alla lettura di una società complessa grazie al legame tra l’arte e la narrazione. Vedere la proiezione del video sulla mostra allestita da Studio Azzurro è stata un’esperienza emozionante: è sembrato a tutti di fare un viaggio nel tempo, di sentire, di vedere e quasi di poter toccare il passato. E purtroppo, ad oggi lo posso confermare, noi abbiamo avuto la sfortuna di vedere solo un montaggio video e non la mostra dal vivo; esperienza che sarebbe stata sicuramente indimenticabile.

Proprio il lavoro di gruppo e il continuo confronto hanno reso possibile “una progressiva integrazione di spazi, realtà, appartenenze inizialmente separate e conflittuali” dice lo stesso Paolo Rosa. Questa semplice, all’ apparenza, visione dell’arte ha cambiato totalmente il mio modo di leggere non solo l’arte stessa, ma la vita e il mondo del lavoro nel quale ci accingiamo ad entrare. La cosa che sicuramente ha affascinato me, ma anche i miei colleghi durante l’incontro, è stata la passione con la quale Paolo Rosa raccontava la sua esperienza. Ci sono indubbiamente molte persone che hanno bellissime idee, forti, strutturate, di rinnovamento e reinterpretazione dell’arte e della cultura, ma un fattore fondamentale in tutti gli ambiti è indiscutibilmente il quanto si crede realmente nella propria idea. Paolo Rosa è stato prima di tutto un grande artista che ha creduto fortemente nel suo lavoro e ha lasciato a tutti noi in eredità una nuova visione dell’arte completamente fusa, mescolata con le nuove tecnologie, con i più disparati linguaggi e con la realtà stessa. Un’arte legata indissolubilmente alla realtà. Non più l’arte cinica e distaccata, che è lì dietro ad una teca di vetro e fissata nella sua cornice; ma un’arte che sostiene, rafforza e aiuta la realtà ad essere raccontata.